venerdì 8 febbraio 2008

03/02/08 Fiume Pescara - No-Kill Scafa

Coda avvolta sul mulinello, tasche del gilet piene, licenza nell’apposito contenitore impermeabile,
un dubbio, mica è scaduta? Verifico, fino al 19 febbraio sono coperto.
Divoro velocemente quanto propostomi per pranzo da mia moglie all’una e mezza ho già preso anche il caffè.
Saluto, salgo in macchina e via, finalmente, dopo mesi di astinenza posso concedermi un paio di ore di pesca. Mentre mi allontano da casa faccio il solito inventario mentale per verificare se ho preso tutto, ho dimenticato solo….. le canne, rapido dietro front per rimediare.
Ho perso solo 5 minuti, prima delle 14,00 sono sulla no-kill del fiume Pescara a Scafa.
Mi fermo all’inizio della riserva, Carlo e altri pescatori sono più a monte vorrei raggiungerli subito ma ho troppa voglia di pescare, li raggiungerò risalendo il fiume a piedi.
Giornata da inizio primavera, la temperatura dell’aria e di 15°C, le condizioni dell’acqua sono discrete, appena velata.
In pochi minuti mi cambio, cerco di scattare una foto da postare su quest’articolo ma le pile della digitale sono scariche, pazienza.
Scendo in acqua, non è eccessivamente fredda, forse qualcosa concludo.
Inizio a pescare subito a monte della cava.
Prima di lanciare cerco di localizzare qualche bollata, niente, monto una vistosa mosca da caccia.
Sondo le correntine sotto sponda e le acque piatte subito a valle di queste.
Dopo le prime incertezze la coda comincia a volteggiare discretamente e la posa della mosca sull’acqua comincia ad essere accettabile.
Telefono a Carlo per vedere se c’è, mi risponde subito, stanno smontando vanno a mangiare qualcosa al casottino, mi invita a raggiungerli,
declino,
“voglio pescare un po’ poi vediamo, senza impegno però”, saluto e mi rituffo nel quiete del fiume.
Intanto sono quasi arrivato al mio posto jolly, la buca sotto il ponte.
Smetto di lanciare e mi avvicino cercando di non farmi vedere da eventuali pesci.
Ci sono, anzi, ci siamo, a pochi metri bollano un paio di Cavedani niente male.
Li osservo per un po’, non riesco a capire su cosa bollano, di sicuro non su effimere grandi come quella che monto io, decido di mettere su un chironomo copiato dal corso di costruzione che ho scaricato da Pipam.
I cavedani che bollano sono due ma messi in maniera che catturarne uno significa perdere l’altro, è un pò più difficile ma provo a lanciare su quello più grande.
Un solo falso lancio e appoggio la mosca sull’acqua, c***o troppo a destra.
Lascio derivare la mosca fino a quando si allontana dalla zona calda poi recupero.
È proprio un bel cavedano, mi fermo di nuovo cerco di rilassarmi, non è facile per uno che non pesca da mesi, riprovo, riesco a posare il chironomo dove voglio io, subito a monte del pesce,
nel bel mezzo del canale alimentare. I pochi secondi che occorrono alla mosca per arrivare davanti al suo predatore sembrano interminabili, ci siamo, un lieve movimento del capo, un risucchio appena percettibile, forse solo immaginato,
ferro con decisione ma senza movimenti bruschi., la canna si flette, il cavedano è veramente bello con astuzia si sposta in piena corrente, lo costringo a compiere un mezzo giro e lo porto a valle, dove la forza dell’acqua si spegne, è fatta!!!.
Probabilmente l’ha capito anche lui, si lascia trascinare verso di me senza opporre ulteriore resistenza, forse sa che tra pochi attimi sarà nuovamente libero.
Mi bagno la mano e lo prendo con delicatezza, lo libero con facilità dall’amo, adopero ami senza ardiglione, faccio per rimetterlo in acqua, troppo bello, livrea stupenda, supera i 45 cm e sicuramente pesa intorno al chilo, merita una foto, speriamo che fatta col telefonino renda l’idea.
Provo qualche ulteriore lancio per vedere di convincere l’altro cavedano a salire sul mio chironomo, niente da fare e sparito sul fondo della buca.
Continuo a risalire il fiume dedicandomi più all’osservazione dell’ambiente che alla pesca.
Il fiume non gode di ottima salute ma le condizioni non sono pessime, sollevo qualche sasso è osservo una buona presenza di benthos, segno sicuramente positivo.
Le sponde sono prive di sentieri e la vegetazione, specialmente alla mia destra, è stata pressoché distrutta dagli incendi della passata estate. Comunque se il nostro Abruzzo Mosca Club decolla possiamo fare qualcosa per migliorare il tutto.
Preso dalle mie riflessioni non mi accorgo di un ramo spezzato conficcato nel terreno e squarcio lo stivale.
Sotto il ponte dove generalmente parcheggiamo vedo Marino con altri due PAM, devio per fare quattro chiacchere. Dieci minuti a elucubrare sul importanza della mosca perfetta e ci si saluta.
Ritorno sul fiume, faccio per attraversare ma appena metto il piede in acqua mi si riempiono gli stivali. L’impatto iniziale mi suggerisce di andar via ma testardo decido di risalire ancora qualche centinaio di metri, più per vedere le condizioni del fiume che per pescare. Arrivo fino alla grande piana prima del ponte dell’autostrada, vedo qualche sporadica bollata, provo qualche lancio.
Il livello esterno dell’acqua e uguale a quello interno ai miei stivali, quando anche le parti intime vengono toccate decido di smettere di pescare e raggiungere Carlo.Una buona ventina di minuti di cammino per tornare dove ho parcheggiato, mi cambio, stupenda sensazione di asciutto.
Carlo mi chiama per dirmi che stanno andando via,
“Va be’ torno a casa anch’io ci vediamo la prossima”

martedì 5 febbraio 2008

Come ogni anno, da più di un quarto di secolo oramai, con l’arrivo di febbraio, colpa le
prime avvisaglie della primavera , il timido allungarsi delle giornate o, soprattutto, l’avvicinarsi della data dell’apertura della pesca alla trota, vengo riconquistato dalla mia grande passione: la pesca con la mosca.
I sintomi della ricaduta sono sempre gli stessi,
Inizio gennaio, si comincia a seguire con più costanza la programmazione su SKY pesca e si divorano le riviste acquistate durante gli scorsi mesi e mai lette.
Seconda meta di gennaio, ci si avvicina con fare impacciato ai contenitori delle attrezzature, i gilet da pesca vengono spogliati di tutti i fronzoli e messi in lavatrice per un accurato lavaggio a 30°C.
Si preleva dai reconditi anfratti dell’armadio il tubo porta-canne e dopo averlo spolverato si apre, con la massima cautela, seguendo un rituale propiziatorio affinato negli anni, e si estraggono i preziosi oggetti in esso contenuti, due vecchie canne che prima o poi dovrò decidermi a sostituire. Poi è la volta della coda, ingrassata a novembre e messa a riposare in una zona di penombra, si pulisce accuratamente con una pezzolina e si avvolge sul mulinello. Il tutto viene assemblato e, complici le ombre della sera, si scende in strada, quasi furtivamente, per provare qualche lancio. Dopo i primi risultati non entusiasmanti la coda comincia a distendersi con più naturalezza e felice come un bambino si torna in casa per telefonare agli amici di sempre ed elucubrare sulle oramai prossime uscite.
· Ultima decade di gennaio, si prende il coraggio a due mani e si aprono le scatole delle mosche. Nessuna sorpresa neanche quest’anno, come sempre tristemente vuote e le poche mosche avanzate la scorsa stagione mostrano orgogliose le ferite delle trascorse battaglie.
La soluzione più rapida sarebbe un corposo acquisto di artificiali ma, dopo un tour sui siti internet preposti e dopo un rapido calcolo della spesa si opta per una serie di sedute al morsetto.
· Inizio di febbraio, la febbre è oramai alta, ci si ricorda come ogni anno del no-kill alle porte della città, non sarà il top ma per fare due lanci può andare e poi non ci dimentichiamo che abbiamo fondato un club per salvaguardarlo!!!!